SMARTati. Gli “sbandati” del lavoro agile: dal telelavoro allo SMART working

Giuseppe Mele

Tecnologia

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Descrizione

Lo smart working era applicabile da tempo, già dall’accordo sul telelavoro di 20 anni fa. Per toccare il picco di otto milioni di lavoratori ha avuto bisogno del terrore della pandemia, suo peccato originale, ma non l’unico. Gli altri sono: il nome (falso anglicismo made in Italy di slang a sproposito); la mancata applicazione della legge 81/2017 che l’ha introdotto e l’assenza dell’istituto nei contratti. Eppure, ha successo, anche se è semplice lavoro da casa e, per alcuni, vacanza da pubblico impiego. I rischi che porta con sé sono molteplici, come la possibilità di un nuovo business bug, lo scontro tra “smartisti” e baristi, il reverse back dell’urbanizzazione e della storica emigrazione interna, il suicidio di smart city e di coworking. Infine, sembra inevitabile il ritorno trionfale dell’operaio, l’unico non smart. Il cambiamento non si ferma qui, ma è indispensabile un nuovo accordo perché lo smart working non diventi robot working.

Autore

Giuseppe Mele, fiorentino di nascita, veneto e romano d’adozione, studi tra Bologna, Firenze e Mosca, giornalista pubblicista, ha lavorato per trent’anni nelle aziende tecnologiche dell’informatica privata e pubblica e delle telecomunicazioni, vivendone per un decennio le vicende sindacali. Ha scritto Letture Nansen (in russo), Digital Renz Akt, Renzaurazione.

Ne parlano

Il testo oltre a ricostruire l’evoluzione del lavoro a distanza – un tempo chiamato telelavoro, oggi smart working – e a ripercorre le relative tappe legislative, entra anche nel dettaglio della contrattualistica di lavoro, con esempi in base ai vari comparti e le misure adottate nel corso del tempo. Un excursus determinante per chi oggi deve prendere decisioni e definire i nuovi perimetri anche e soprattutto sull’onda dei cambiamenti rivoluzionari innescati dalla pandemia e sulla progressiva diffusione delle reti in fibra e della prossima generazione 5G.CorCom.

“C’è una sola legge”, spiega Mele, “la 81/17″, di ispirazione renziana, poi approvata e promulgata dal governo Gentiloni. E non parla di Smart working, ma di lavoro agile”.
Ma questo smart working a chi conviene? Olnews

“…il Lavoro Agile (questo il suo nome in Gazzetta Ufficiale) ha riscosso successo, anche se per alcuni è semplicemente lavoro da casa e per altri una vacanza dal pubblico impiego. Tuttavia, i rischi che porta con sé sono molteplici, come la possibilità di un nuovo business bug, il reverse back dell’urbanizzazione e della storica emigrazione interna, il suicidio di smart city e di coworking”. Fondazione Bruno Buozzi.

Pensalibero.it 09/05/2021 | Intervista a Giuseppe Mele.

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