La lingua bastarda

67 poesie

Lorenzomonfreg

Poesia

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Descrizione

La lingua bastarda è la sola in cui scrivo poesie mentre corro con altri randagi. La lingua bastarda è quella che uso per scrivere quello che importa, è la lama che agito nell’aria quando non valgono più le lingue d’affari, gli idiomi convenzionali, le parole che convengono. La lingua bastarda è quella di cui ho raccolto pagine strappate e file dispersi, d’un tratto, dimenticandomi di dormire per un mese, collegando schegge di materiali strani, lavori, urla di piacere, risate pericolose. E pezzi vivi di cuore.

Sì, proprio il cuore, quello che nelle poesie non si mette.

Ma la poesia è morta ieri sera, da stamattina possiamo fare quello che vogliamo. Che vengano a fermarci, non dobbiamo più niente a nessuno.

La lingua bastarda è una bestia di oggi, mezza scritta con dita eccitate e mezza digitale, è primitiva e troppo nuova, come questi giorni che vediamo spuntare d’improvviso. La lingua bastarda sopravvive solo quando sguscia via, saltando da una parola a un’altra, così che nessuno la possa inchiodare e giustiziare.

Così che possa scappare in avanti, sempre.

La lingua bastarda è qui per chi la voglia contrabbandare, per voi.

La lingua bastarda parlerà di una gioia feroce se sarà utile al vostro respiro.

Se quello che leggete qui vi servirà a qualcosa, anche solo per un attimo, io lo chiamerò onore e faremo un po’ di strada assieme.

Comunque vada.

Autore

Lorenzomonfreg è nato nel 1982. Ha vissuto e lavorato in diversi paesi europei e si è laureato a Genova. Attualmente vive a Berlino, dove lavora come Content Marketing Manager.

Scrive sul blog lorenzomonfreg.com

Su Twitter: @lorenzomonfreg

Ne parlano

«[…] la mia è la  lingua della poesia digitale, una lingua contaminata dalla mutazione della comunicazione e della tecnologia. Si tratta di  una  lingua che vuole  raggiungere un’astrazione, un’ambiguità, per poter sfuggire a qualunque  paradigma  interpretativo.» – Intervista a Lorenzomonfreg su Berlino cacio e pepe

 

«Tra le sue poesie di una lucidità sconnessa e disarmante ci si aggira come naufraghi assetati alla ricerca di senso, in questi anfratti che verdeggiano di una sterilità rigogliosa si vive respirando poco e tirando sospiri continui su una sorte meravigliosa e infame.»  Recensione su “Un libro in tasca”

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